Sindrome del Sopravvissuto: se salvarsi fa sentire in colpa

Sindrome del Sopravvissuto: se salvarsi fa sentire in colpa

sindrome del sopravvissuto

Sindrome del Sopravvissuto: definizione, sintomi e trattamento

Il fascino verso ciò che ci sconvolge e terrorizza può essere più forte di qualsiasi istinto. Il bisogno inconsapevole di guardare in faccia e toccare con le proprie mani il volto del dolore. Incidenti, catastrofi naturali, luoghi di cronaca nera. Storie vere che racchiudono l’irrazionalità dell’uomo. La psicologia dà il suo contributo approfondendo questi temi e spiegandone i meccanismi. In collaborazione con la Dott.ssa Valeria Saladino il secondo articolo sul tema Piacevoli dolori. Psicologia e morbosità.

La Sindrome del Sopravvissuto è una condizione psicologica che sopraggiunge nelle persone che riescono a sfuggire a eventi catastrofici. Tutte le volte che avvenimenti di eccezionale gravità implicano un gran numero di perdite, è plausibile che tra i superstiti si manifesti tale sindrome, un genere di trauma psichico collegato al senso di colpa di avercela fatta rispetto ad amici, parenti, conoscenti e non. In generale, quindi, di avercela fatta rispetto al prossimo che non c’è più! “Perché gli altri sono morti ed io no?” è la domanda che ripetutamente alberga nella mente di chi resta. Di chi si salva, appunto. Quello che contraddistingue l’emozione di base dei sopravvissuti, pertanto, è che questi si riconoscono (a torto) non solo colpevoli per un ingiusto danno cagionato all’altro ma anche responsabili attraverso l’eventuale astratta fantasia di aver causato tale male.

Quali sono i sintomi della Sindrome del Sopravvissuto e come affrontarli?

I primi studi legati all’argomento sono stati eseguiti sulle persone sopravvissute ai lager nazisti, che cominciarono a manifestare disagi psicologici legati a un senso di colpa talmente forte da limitarne il corretto funzionamento sociale. Erano, infatti, riscontrabili: tendenza a rivivere l’evento traumatico, ruminazione mentale, ritiro sociale, sentimenti d’inadeguatezza, ansia e sviluppo di disturbi depressivi. Nonostante il trascorrere del tempo, tali sintomi sono gli stessi che oggi si rilevano nei sopravvissuti a catastrofi naturali o incidenti importanti. Per affrontare questo quadro sintomatologico è auspicabile il sostegno della psicoterapia. La relazione terapeutica è importante per aiutare la persona colpita dalla sindrome a diventare più consapevole delle false credenze e dei pensieri “parassita” che alimentano il suo senso di colpa, anche mediante una nuova e più funzionale interpretazione della realtà. E’ importante rendere questi soggetti più compassionevoli nei loro riguardi, per non alimentare il severo e rigido giudizio di Sé e delle proprie responsabilità che si sviluppa in questi casi. Il paziente, pertanto, può apprendere a essere meno giudicante e più indulgente nei propri confronti, rendendosi conto che l’evento tragico accaduto era al di fuori del suo potere. Una volta accettato l’episodio traumatico, e diminuito il senso di colpa, si può passare al potenziamento del controllo dei propri sentimenti e pensieri tramite un approccio più morbido e mindfulness.

Cos’è la terapia EMDR e perché è utile in questi casi?

I sintomi di cui si è discusso caratterizzano il Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD). Chi soffre di questo disturbo ha una spiccata sensibilità allo stress, ricordi intrusivi legati all’evento che ha scatenato il trauma e comportamenti di evitamento. Oltre alla psicoterapia, sono diversi i metodi utilizzati per mediare tali sintomi: uno di questi è la terapia basata sull’Eye Movement Desensitization and Reprocessing, ideata nel 1987 dalla psicologa americana Francine Shapiro. Questo approccio utilizza i movimenti oculari per l’elaborazione di ricordi traumatici. L’EMDR è stato considerato fra i metodi terapeutici più efficaci nel trattamento del PTSD e della Sindrome del Sopravvissuto.

La stessa Shapiro racconta (Craparo, 2013): “Mentre camminavo cominciai a fare attenzione. Notai che quando un pensiero fastidioso mi entrava nella mente, i miei occhi cominciavano spontaneamente a muoversi avanti e indietro, compiendo rapidi spostamenti ripetitivi in diagonale, da in basso a sinistra a destra in alto. Allo stesso tempo notai che il pensiero era svanito dalla mia consapevolezza e quando vi riportavo l’attenzione molto del suo carattere molesto era scomparso. La cosa mi incuriosì. Cominciai a provocarla deliberatamente. Pensai a qualcosa che provocava una leggera ansia, e questa volta effettuai i movimenti oculari intenzionalmente. Anche quel pensiero andò via”

Da queste considerazioni emerge che è possibile ridurre l’effetto negativo dato dal trauma attraverso una procedura di desensibilizzazione consapevole. Ciò che caratterizza tale consapevolezza è la capacità di distinguere le proprie sensazioni psicofisiche. La terapia si basa, infatti, sul rievocare il ricordo traumatico e muovere gli occhi a destra e a sinistra contemporaneamente: questa stimolazione bilaterale produce in un primo momento una desensibilizzazione e secondariamente una rielaborazione delle informazioni. A dimostrazione del fatto che corpo e mente viaggiano insieme, l’EMDR è considerato un metodo efficace per la cura del PTSD, e di conseguenza della Sindrome del Sopravvissuto, in diversi paesi e strutture, tra cui: Clinical Resource Efficiency Support Team (CREST) dell’Irlanda del Nord, Dutch National Steering Committee Mental Health Care, French National Institute of Health and Medical Research (INSERM) e Medical Program Committee /Stockholm City Council.

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Bibliografia di riferimento

APA (American Psychiatric Association), (1994), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-IV). Trad. it. Masson, Milano.

Craparo, G. (2013), Il disturbo post traumatico da stress. Carocci Editore.

Mancini, F. (1997), Il senso di colpa: un’analisi cognitiva. Psicoterapia, 9, 12 – 27.

Shapiro F., (1995), Eye movement desensitization and reprocessing: basic principles, protocols and procedures. Guilford Press, NY. Trad. It. (a cura di I. Fernandez) EMDR. Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari. Mc Graw Hill, Italia, Milano (2000).

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